la setta dei poeti estinti

#reading La femmina nuda, di Elena Stancanelli

– Vivevamo insieme da cinque anni ed eravamo entrati nella fase in cui è cruciale limitare gli scontri. Lui era aggressivo, io ero noiosa, bastava una parola, una frase e si accendeva la rissa. Avevo malumori colossali per faccende minuscole, contro i quali lui reagiva sbattendo la porta, gli sportelli, le bottiglie sul tavolo. Le telefonate facevano parte della strategia, essere gentili ma attenti, tenere d’occhio il nemico.

– L’angoscia che arrivava a montate, come il latte nel seno di una madre. Ma quello che mostravo, quello che ti dicevo, era solo una parte della verità. E per quanto grottesca non era la peggiore. Lo schifo vero, tutte le cose orribili e dementi che ho fatto, le ho tenute nascoste. Non te le raccontavo perché mi vergognavo. Speravo le intuissi, ma oggettivamente era impossibile. Non avresti mai potuto immaginare, conoscendomi.

– Sono diventata una persona danneggiata.
Quando ti succede qualcosa di brutto, un incidente, una malattia, o qualcosa di stupido ma incredibilmente doloroso come è successo a me, diventi una persona danneggiata. Per sempre. Sono come uno strumento qualsiasi che sia caduto a terra. Lo aggiusti e funziona di nuovo, ma conserva in sé il trauma di quella caduta. Non sappiamo quando, non sappiamo neanche se, ma potrebbe guastarsi di nuovo. E sarebbe ancora una conseguenza di quella vecchia caduta.

– Non me l’ha raccontato perché gli sembrasse una cosa spiritosa, ma perché aveva bisogno di nominarla. Come facciamo tutti con le persone che ci piacciono. Da quel momento ha cominciato a nominarla sempre e a sproposito. Diceva guarda, una macchina come quella di lei, o sai che l’insalata è più difficile da digerire della bistecca, me l’ha detto lei. Anche il padre di lei ha una casa a Londra, mi ha detto quando io sono andata a Londra.
“Ecco, è tipo così.”
“Cosa?”
“Cane. Il cane di lei. È tipo quello”.
Mi ha detto indicandomi un cane piccolo, un incrocio tra un Jack Russell e un barboncino.
“Bruttino”
Ho detto io. Ma Davide ha sorriso.

– Le persone cambiano, quasi sempre peggiorano. Si annoiano l’una dell’altra e sparisce l’incanto. Quando non siamo più innamorati diventiamo come giocatori che hanno finito time out, penalità, cambi. Stiamo lì, in diretta e senza angoletti nei quali nasconderci. Ci guardiamo negli occhi e proviamo disagi e un po’ di disgusto. Qualcuno ce la fa, passa oltre. Di là, dopo il disgusto, deve esserci una specie di paradiso delle coppie. Gente che se la spassa, che si dice la verità senza lasciarsi ferire, che scompare e poi torna senza dare spiegazioni.
Io e Davide non ci siamo riusciti.

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