la setta dei poeti estinti

Modernismi perturbanti: Kawabata, Anderson e Barthelme

Il racconto è una forma breve in cui condensare ciò che spesso nei romanzi si svolge in centinaia di pagine. L’efficacia delle short stories sta quindi nell’immediatezza del senso e del significato. Spesso proprio i racconti diventano espressione di vere e proprie correnti letterarie, come accade con questi tre racconti di Yasunari Kawabata, Sherwood Anderson Donald Barthelme che vogliamo proporvi.

Nel racconto breve One Arm di Kawabata (tradotto in italiano come “Il Braccio”) la presenza degli oggetti rievoca l’esperienza erotica del protagonista con la giovane donna. Esperienza rappresentata dal gesto significativo dell’amputazione e impianto di un braccio. In questo senso l’incipit del racconto sembra essere fondamentale, poichè è nella prima frase pronunciata dalla ragazza che ha origine il tutto: “I can let you have one of my arms for the night”. Emerge così in modo istantaneo l’idea del concedersi all’uomo, atto proprio dell’universo femminile. A conferma dell’intenzione subito si fanno strada due aspetti fondamentali: la simbologia dell’elemento fallico riconoscibile nel braccio ed il tempo dell’azione che si colloca nella notte, luogo temporale irrazionale ed onirico in cui il gesto erotico avrà luogo.

La premessa iniziale di questo gesto, non è solo il prestito del braccio ma anche il passaggio dell’anello da una mano all’altra. L’anello, interpretato dall’uomo come un anello di fidanzamento (engagement ring), viene in realtà definito dalla ragazza un ricordo d’amore, un pegno (keepsake). In realtà, nell’etimologia di quest’ ultimo termine sono contenuti due importanti riferimenti: il primo è legato al termine keep che significa mantenere, conservare e l’altro al termine sake, che vuol dire amore, motivo, interesse, ragione. La ragazza racconta all’uomo che l’anello è un dono della mamma, che dunque metaforicamente si rende “guardiana con amore “della purezza della giovane donna. Non a caso l’anello, dalle caratteristiche strutturali e simboliche che lo qualificano come un oggetto sostitutivo di una relazione amorosa sana, è d’argento e non d’oro, dunque di preziosità inferiore e è non un anello di fidanzamento ma solo un pegno, un a memoria, un ricordo .

Ancora a proposito dell’anello, cosa dire della rotondità? Il cerchio, la forma avvolgente più perfetta, è da sempre considerato simbolo di protezione ed usato come fortificazione attorno alle città, ai templi, alle tombe per impedire a nemici e demoni di entrare. Tanto più che nelle pratiche magiche si usa tracciarlo intorno alla persona che deve essere difesa. In tutto il racconto, quasi in modo ossessivo si associa la rotondità all’universo femminile, come a sottolineare la forza della genealogia matrilineare della ragazza, genealogia preannunciata dalla storia familiare.

Come oggetto prezioso, il cerchio protettore prende la forma della collana, del braccialetto e, con forza maggiore, dell’anello amuleto o talismano che in tutti i popoli dall’antichità serviva a proteggere le dita, considerate i punti più sensibili e vulnerabili perché strumenti primi di emissione e ricezione dei fluidi magici. Dunque l’anello, simbolo di un legame e della storia della donna, viene trasferito alla mano del braccio prestato all’uomo con un gesto ufficiale di concessione  e solenne della donna. Ed ecco che l’anello passa dall’anulare della mano sinistra a quello della mano destra, ovvero dal legame d’amore indissolubile con la madre protettrice al legame fittizio con l’uomo.

La forza dell’universo femminile, preannunciata da questo gesto e dalla presenza materna che preserva e protegge, invade letteralmente tutto il racconto. Il braccio sembra quasi attentare alla vita dell’uomo nel momento dell’amputazione e sostituzione, come se gli odori inebrianti, la rotondità delle forme e la presenza costante delle dita affusolate della giovane donna, rendessero l’uomo incapace di restare lucido. A tal proposito vorrei soffermarmi sull’etimologia della parola“disarm”, disarmare che significa letteralmente privare di un’arma e che associa il termine braccio al termine spada, potere.

Come accade nell’Odissea, in cui gli uomini, inebriati e resi ottusi dal richiamo delle sirene o della maga Circe, soccombono alla forza della potenza femminile irrazionale e dionisiaca, allo stesso modo il protagonista di One Arm, in una notte visionaria avvolta da una fitta nebbia satura del profumo di magnolia, soccombe alla sensualità della natura femminile, temendo ad un certo punto di perdere la vita, atterrito dall’assenza del battito sanguigno. Aspetto che evoca immediatamente, non solo la femminilità racchiusa nella sfera simbolica del sangue, come elemento femminile per eccellenza associato alla fertilità e alla perdita di verginità, ma anche al candore della magnolia. Il sangue e la magnolia, richiamati visivamente con tanta forza dallo stile modernista di Kawabata, rendono al lettore l’immagine di una purezza macchiata e violata, come in un dipinto. Ed è così che, in un incipit dalla semplicità apparente, la donna, evocando la propria genealogia, come in una sorta di rito magico, infonde la vita ed il potere  guaritore dell’amore al braccio, ben prima di consegnarlo all’uomo. In questo atto di “maternità” la ragazza stabilisce il proprio potere matriarcale di generatrice di vita. Ed ecco che il braccio, se trattato con gentilezza, può anche parlare ed acquistare pagina dopo pagina sembianze umane. La bellezza e l’acutezza dell’elemento della magnolia, presente nel racconto come profumo che satura l’aria densa di nebbia, è straordinaria a mio avviso. La magnolia rappresenta infatti la sensualità e la passione, ma anche la riservatezza e la paura. Infatti, questa pianta si costituisce di fiori, foglie e corteccia ed è per questo motivo che si crede contenga le caratteristiche di amore come elemento guaritore, di resistenza e sensualità allo stesso tempo. Tanto che nel linguaggio dei fiori è simbolo di dignità e perseveranza, di nobiltà e bellezza. La magnolia è inoltre una delle piante più antiche al mondo e si dice che sia sopravvissuta all’era glaciale.

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Perché gli insetti sono tutti a dormire

Quando mi sono accorto di aver dimenticato su una sedia in libreria quel piccolo libriccino — sottolineato a matita, appuntato e con una selva di orecchiette al margine della pagina — la sensazione è stata tremenda. Già, perché i racconti di Valerio Valentini sono di quelli che quando finisci di leggerli ti mancano tremendamente.

Storie brevi, a volte brevissime, fotografie di realtà in cui ciascuno di noi può ritrovarsi ogni giorno, al prossimo passo. Storie con uno stile piano, diretto, leggero. Un misto tra la leggerezza di Calvino l’asciuttezza di Carver, con un’attenzione spasmodica ai particolari — che siano gesti o situazioni od oggetti, non importa. Qualsiasi dettaglio, nei racconti di Valerio, diventa portatore di senso, di storia, si fa simbolo e richiamo: alla vita passata, al presente con il suo carico di inquiete relazioni, a un futuro impossibile perché negato o compromesso proprio da quel preciso “scatto” fissato nel racconto.

Lo stile è chiaro, pulito, di una precisione quasi clinica che va ad asciugare quanto più possibile la scrittura per renderla immediata e diretta. E poi ci sono gli incipit:

Era uno strano comportamento, un modo di fare che non aveva mai visto in sua moglie. Non per il fatto che fossero almeno un paio di mesi che non lo aiutava a fare il nodo alla cravatta la mattina appena svegli, ma soprattutto per il modo in cui si pettinava.

Nell’incipit di “Movimenti delicati” c’è tutto: c’è il simbolo che racconta una presunta o temuta distanza — il dettaglio del “mancato” nodo alla cravatta — c’è il sospetto per un comportamento anomalo, c’è la paura di una coppia che inizia a osservarsi dall’esterno, c’è quello scientifico appuntare i dettagli sui rispettivi comportamenti che tutti quanti noi mettiamo in atto — coscientemente o meno — tutti i giorni.

Così come l’atmosfera di sospensione notturna che si respira nella pagina del racconto “Cattuboli” che — con una battuta di uno dei personaggi — dà il titolo all’intera silloge, viene comunicata da mezza frase, dove il particolare diventa una sensazione quasi tattile di silenzio, che avvolge e trascina il lettore proprio lì, a bordo piscina, nel racconto:

“E’ una serata fresca, gli insetti sono tutti a dormire”, fece la donna.

E ancora, sempre nello stesso racconto:

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#reading “Come morti”, i #racconti di Richard Lange (Einaudi)

Di seguito il nostro nuovo #reading, con alcuni passi e citazioni da “Come morti” (titolo originale: Dead boys), valida raccolta di racconti di Richard Lange, pubblicata in Italia da Einaudi.

Tra personaggi in continua fuga, esistenze periferiche e sindromi che fanno della fragilità il proprio punto di forza, Lange racconta vicende comuni a tanti momenti della vita dei suoi lettori. Cambiano i dettagli forse, ma a un certo sottotesto non sfugge nessuno. Buona lettura!

– Il prato argenteo scintillava al chiaro di luna, come un letto di chiodi. Ci siamo seduti schiena a schiena, divisi dalla zanzariera, lei dentro, io fuori. Le ho raccontato cose che avevo sempre tenuto segrete. Per la prima volta le ho tradotte in parole. Mi ha fatto bene. Il polso ha rallentato, i pugni si sono distesi.

– Insomma, certe volte quello che chiamiamo amore è un’altra cosa, solo che al mondo esistono un sacco di bisogni che non sai come chiamare perché non ci sono le parole, e la gente, fratello…cazzo, la gente è di una pigrizia.

– Un silenzio così non capita mica tutti i giorni. Mi piacerebbe strapparne un pezzetto e conservarmelo nel portafogli.

– Mi sento come se dovessi urlare per farmi sentire, anche se è in piedi di fronte a me.

– Affondo la faccia nel cuscino mentre il mio cuore si scaraventa contro le costole per la frustrazione.

– Sulla foto che scelsi per il tiro a segno c’eravamo io e mia moglie su una spiaggia in Messico. Il nostro ultimo viaggio prima che ci bloccassero le carte di credito. A volte il ricordo di quanto eravamo felici allora mi teneva sveglio fino a notte fonda. E il suo sorriso… radioso è l’aggettivo che viene usato in questi casi. Un sorriso a cui credevi, o almeno io ci avevo creduto.

– A che ti serviva essere pazzo, se poi continuavi a vergognarti?

– Quando non siamo alle prese con un periodo di disoccupazione, noi qui attraversiamo un periodo da single, o un periodo sfortunato.

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I reading della Setta dei Poeti Estinti

I reading dei Poeti estinti – nati dalla famosa “setta” magistralmente raccontata ne L’Attimo Fuggente – sono ormai una consuetudine. Ogni due settimane o poco più ci incontriamo, libro alla mano, e si legge e si discute di letteratura. Per scaramanzia, – nel timore che il progetto non funzionasse – fino ad ora non ne abbiamo mai scritto. Ma adesso è giunto il momento.

Il primo incontro ai primi di luglio fu a tema libero: ci siamo ritrovati grazie all’annuncio dato sui social presso il piazzale della Società geografica di Villa Celimontana a Roma, ciascuno con un libro sotto braccio. Ci siamo riconosciuti così. Splendeva un sole bellissimo e piacevole. Ci hanno fatto compagnia Gianni Rodari, Dino Buzzati, Tomasi di Lampedusa, Maxence Femine, Coleridge, e gli “epitaffi” di Spoon river.

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