la setta dei poeti estinti

#reading “Ieri” di Agota Kristof (Einaudi)

Di seguito il nostro nuovo #reading, con alcuni passi e citazioni da “Ieri” (titolo originale: Hier), romanzo di Agota Kristof, pubblicato in Italia da Einaudi.

    • Ieri soffiava un vento conosciuto. Un vento che avevo già incontrato. Era una sorta di primavera precoce.
    • Line ti amo. Ti amo veramente, Line, ma non ho tempo per pensarci, ci sono tante cose alle quali devo pensare, per esempio a questo vento, adesso dovrei uscire e camminare nel vento. Non insieme a te, Line, non ti arrabbiare. Camminare nel vento è una cosa che non si può far altro che da soli […].
    • Se avessi veramente cercato di morire, sarei già morto. Volevo soltanto riposarmi. Non potevo più continuare la vita così, la fabbrica e tutto il resto, l’assenza di Line, l’assenza di speranza. Alzarsi alle cinque del mattino, andare, correre in strada per prendere il bus, quaranta minuti di tragitto, arrivare nel quarto villaggio, tra le mura della fabbrica. Sbrigarsi a infilare il camice grigio, timbrare in fretta davanti all’orologio, correre verso il proprio macchinario, metterlo in moto, fare il buco più rapidamente possibile, un altro buco, un altro, sempre lo stesso buco nello stesso pezzo, diecimila volte al giorno, se possibile, è da quella velocità che dipende il salario, la vita.
    • “…allora perché continua a vederla?” “Perché non ho nessun’altra. E perché non ho voglia di cambiare. Ho cambiato talmente tanto in un certo periodo che sono stanco. Comunque è sempre la stessa cosa, una Yolande vale l’altra. Vado da lei una volta a settimana. Lei cucina e io porto il vino. Non c’è amore tra noi.

  • Presto non mi è rimasto più nulla cui pensare, mi restavano solamente cose alle quali non volevo pensare. Avrei desiderato piangere un poco, ma non potevo perché non avevo alcun motivo per farlo.”
  • Posso persino dire d’aver avuto un’infanzia felice perché non sapevo che esistessero altre infanzie.
  • Attendevo qualcosa. Che cosa? Non ne sapevo niente. Ma pensavo che la vita non poteva essere se non quello che era, vale a dire niente. La vita doveva essere qualcosa e aspettavo che questo qualcosa arrivasse, lo cercavo.
    Ora penso che non c’è niente da aspettare, così resto nella mia stanza, seduto su una sedia, e non faccio niente.
    Penso che c’è una vita là fuori, ma in quella vita non succede niente. Niente per me.
    Per gli altri può darsi che accada qualcosa, è possibile, questo non mi interessa più.
  • Nel reparto ognuno è solo con il suo macchinario. Non è possibile parlarsi, salvo nei bagni e comunque per poco, le nostre assenze sono contate, annotate, registrate.
  • Anch’io faccio finta di leggere, ma non posso concentrarmi, non posso fare altro che guardare Line. Quando lei alza gli occhi, io abbasso veloce i miei. A volte Line guarda a lungo fuori dalla finestra e mi rendo conto che in lei qualcosa è comunque profondamente cambiato: lo sguardo. La Line della mia infanzia aveva gli occhi ridenti e felici, la Line di adesso ha uno sguardo scuro, triste.
  • A volte Line si affaccia alla finestra, fuma una sigaretta guardandomi, ma non mi vede, non vede che il bosco.
    Vorrei dirle che sono lì, che la sorveglio, che mi prendo cura di lei in questo mondo straniero.
  • “Che cosa scriverai?””Non lo so. Forse la storia di un grande amore impossibile.” “Perché questo amore sarebbe impossibile?” Line ride “Non lo so. Non ho ancora cominciato” “Il tuo libro sarà falso” “Non puoi saperlo” “Sì. Perché non sai tutto. Non potrai mai scrivere la nostra storia.” “Perché, noi abbiamo una storia?” “Sì, Line, noi ne abbiamo una.” “Una storia d’amore?” “Questo dipende da te, Line. A meno che tu non abbia un’altra storia d’amore impossibile” Sorridendo lei dice: “No, non ce l’ho. Ma ne posso inventare una.” – “Non c’è niente da inventare. Io ti amo, Line, e anche tu mi ami”.
    Ci fermiamo. Violette dorme nel passeggino. È già quasi primavera. La neve si scioglie, camminiamo nel fango.
  • Credo che presto sarò guarito. Qualcosa si romperà in me o in qualche parte dello spazio. Partirò verso altezze sconosciute. Sulla terra non c’è che la mietitura, l’attesa insopportabile e l’inesprimibile silenzio.
  • Le nostre mani si lasciano. E io penso che non potrò più vivere senza la mano di Line nella mia.
  • Vai là dove le persone sono felici perché non conoscono l’amore. Sono così soddisfatte che non hanno più bisogno l’una dell’altra, né di Dio. La sera, chiudono le porte a doppia mandata e attendono pazientemente che la vita passi.

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