la setta dei poeti estinti

Se l’algoritmo censura Catullo

Ieri è accaduto un fatto curioso. Sui nostri social abbiamo pubblicato un carme di Catullo e dopo qualche ora abbiamo ricevuto una notifica da parte di Instagram in cui ci veniva comunicata la rimozione del post perché violava le linee guida della piattaforma e, anzi, si inscriveva nei discorsi inneggianti all’odio. Siamo rimasti interdetti. Sulle prime ci siamo assicurati che quel post non avesse creato altri danni – come la chiusura automatica dell’account. Così non era, per fortuna. 

E’ di qualche giorno fa la notizia secondo cui l’algoritmo di Facebook ha cancellato un’immagine di una statua di Canova perché “nuda”. Immancabile il commento di Vittorio Sgarbi che ha dato della “capra” all’algoritmo. Ebbene, con il nostro post deve essere accaduta un po’ la stessa cosa: l’algoritmo deve aver individuato nell’immagine alcune parole sprezzanti scritte da Catullo – il carme era il n. XVI, per chi volesse andare a rileggerlo – e senza rendersi conto che si trattava di una poesia di uno dei più importanti autori della latinità, ha rimosso il post. 
Viene quindi da chiedersi quale sia il discrimine di “consapevolezza” – se mai ce ne sia una – nella valutazione dei testi e delle immagini. Già perché migliaia di discorsi inneggianti al razzismo e improntati all’odio restano tranquillamente sui social – insieme al corollario di insulti, parolacce et similia che impaludano i commenti – la poesia di Catullo o le statue del Canova vengono rimosse. Cari Facebook e Instagram, insegnate ai vostri algoritmi senza anima né cuore, la bellezza della letteratura e il fascino della poesia!

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